lunedì 25 gennaio 2010

Melanie Wilner III°


Il sogno comincia sempre uguale. Sto entrando nella camera da letto di mia nonna, il mio idolo. Ormai non ha più le forze di alzarsi dal letto; è vecchia e malata, il suo fegato sta cedendo per il troppo bere.
Nonostante tutto entrando nella stanza c'è sempre il solito profumo, "Bourbon", un odore che ormai ho imparato ad amare, e non solo l'odore.
Gli ultimi raggi del sole entrano dalla finestra della camera e illuminano le grinzose mani di mia nonna; la guardo in faccia e il suo sorriso è sempre uguale, è l'unica cosa che non è cambiata. Mi avvicino e lei mi prende la mano, il calore della sua mano sembra essere sparito con gli anni, la sua mano è gelida ma non mi stacco da quella presa. I ricordi dell'infanzia tentano di tornarmi alla memoria ma non è questo il momento più opportuno, sono qui per salutare per l'ultima volta la mia amata nonna.
Mi siedo sulla poltrona di fianco al letto e dopo poco mia nonna mi dice:
"Mel, mia adorata Mel. Domani non sarò più qui a vedere il tuo sorriso e devo chiederti delle cose prima di andare. Promettimi che non passerai il portale in quel campo..."
"Nonna ma che dici? Quale portale? In che campo?"
"Non mi credere pazza, anche se molti ne sono convinti. Te lo dico per il tuo bene, per la tua vita. Fra 12 anni, nel 1928, non passare il portale, non essere curiosa per una volta."
"Nonna devo andare a chiamare..."
"NO! Almeno tu devi credermi, devi credere in me altrimenti non crederai neanche in te stessa..."
"Ti credo..."
"Apri la mia scrivania e prendi il diario nero che trovi in fondo al cassetto. Promettimi che non lo aprirai fino al 12 febbraio 1928, il giorno che ti troverai a fare la scelta più importante della tua vita... Promettilo!"
"Lo prometto nonna..."
"Lì dentro ci sono le risposte a tutte le tue domande. C'è la mia vita prima del 1878, ci sei tu! Ma devi attendere altrimenti non crederai a nulla e mi reputerai una pazza...e continua a studiare storia, il Museo ti aspetta!"

Il sogno si ferma quasi sempre qui poi apro gli occhi, pieni di lacrime e sprofondo la testa nel cuscino per non far sentire a nessuno i singhiozzi.
Una volta fuori dal letto mi guardo nello specchio del mio comò, ho gli occhi gonfi e rossi, come tutte le volte che faccio questo sogno, ma le assomiglio in tutto e per tutto.
Oggi siamo al febbraio del 1930.
Mi chiamo Melanie Wilner (Terza)e sono la direttrice del Museo di Boston, mia città natale.
Il 12 febbraio di due anni fa mi è esattamente successo quello che ha predetto mia nonna. In mezzo ad un campo di grano c'era un portale; ho lottato molto contro la mia curiosità di vedere cosa c'era dietro ma la voce di mia nonna mi è rimbombata nella testa. Non ho passato il portale alla fine.
Tornata a casa ho aperto il baule della roba di mia nonna e ho ritrovato quel diario.
Sulla prima pagina c'era scritto: Alla mia nipotina, che porta il mio stesso nome e il mio stesso sangue.
Tutte le mie domande ebbero risposta quel giorno. Per far sì che io credessi a ciò che scrisse mia nonna mi descrisse nei minimi particolari la mia vita nei giorni prima a quel fatidico 12 febbraio, era tutto esatto. Avevo fatto le stesse cose, nei minimi particolari.
Il diario di mia nonna continuava così: ...conosco nei minimi particolari quello che hai fatto Mel, perchè io stessa ho vissuto questa vita! Io mi chiamo Melanie come te perché siamo la stessa persona. L'unica differenza è che io ho passato il portale.
Mi hai chiesto mille volte che cosa ho fatto nella mia vita prima del 1878, è arrivato il momento di risponderti. Nulla, non ho fatto nulla prima del 1878 perchè sono nata il 23 ottobre 1901, come te. Quel portale che ho passato portava indietro nel tempo di 50 anni.
Io sono te e tu sei me, siamo la stessa persona. Siamo uguali in tutto e per tutto, guardati allo specchio, siamo due gocce d'acqua. Adorerai sicuramente il Bourbon come me e ricordati di non comprarlo nel negozio all'angolo, lo allungano con l'acqua...

Dopo quelle poche righe chiusi il diario, presi fiato e tirai fuori una bottiglia di Bourbon. Dannazione, era del negozio all'angolo, sapeva veramente di acqua.
Non riuscivo a crederci, mia nonna ed io... la stessa persona...

Il diario continuava: ... ora Mel sappi che tu sei la "terza" Melanie Wilner della storia. Ma era giusto che prima o poi tutto questo finisse, ho pensato che per il tuo bene la storia dovesse andare avanti e non tornare più indietro. Devi vivere la vita come una persona normale, amare tua nipote e sapere che non è la tua reincarnazione.

Lessi il resto del diario senza sosta, era quasi incredibile, ma non potevo non credere a quello che c'era scritto. Altrimenti non avrei mai creduto ai miti di Cthulhu, non avrei mai creduto di aver visto il portale, non avrei mai creduto a tutta la mia vita.
Ora sto vivendo altre avventure, sto credendo a tutto quello che mi succede attorno, vivo la vita che non ho vissuto per due volte.

Oggi sto portando in grembo una piccola Mel, o un piccolo maschietto, che però sò crescerà in una realtà giusta...
Ringrazio me stessa di aver rotto l'incanto che mi portava indietro nel tempo e se anche il mondo dovesse finire fra due anni, l'avrò vissuta nel modo giusto.

lunedì 18 gennaio 2010

Call of Chtulhu (IV° episodio)


Mi sveglio abbastanza presto e come sempre chiamo Shultz per sapere se anche lui ha sognato la fine del mondo e se ha degli indizi in più per evitarlo. La centralinista mi passa la linea di Schultz e il telefono comincia a suonare ma nessuno risponde...strano io e Shultz ci sentiamo tutti i giorni per aggiornarci. Decido che dopo farò un salto a casa sua a vedere come sta, questa storia mi puzza un pò.
Ma mentre penso a tutto questo un urlo proviene dalla stanza di Ara, la sacerdotessa che ha "preso il posto" di Viola. Entro nella stanza e non c'è più Ara ma una che assomiglia a Viola, e che parla "educatamente" come Viola, è Viola! Almeno per me...
Chiamo Seamus riferendogli tutto e gli dico di venire a casa mia. Una volta arrivato la scena è la stessa, anche lui vede Viola e non più Ara ma è anche vero che quando c'era la sacerdotessa tutti vedevano Viola e non Ara. Quindi, per scoprire come il resto di Boston vede la nostra Viola decidiamo di andare a chiedere dello zucchero ai miei vicini di casa, di meglio non siamo riusciti a trovare. Alla fine riusciamo a capire che solo io e Seamus vediamo di nuovo Viola e che le altre persone vedono il corpo di Ara, una donna di carnagione scura.
Ci spostiamo all'appartamento di Viola dove indossa dei suoi vecchi abiti e intanto trova una candela nera davanti lo specchio del suo comò; la candela è consumata. Decidiamo di oscurare tutte le finestre e le fessure della porta e accendere la candela. Dietro allo specchio sembra materializzarsi un uomo che non sembra molto affabile e, in effetti, la seduta finisce con Viola che spara contro il vetro.
Dopo tutto questo trambusto decidiamo che io vado a lavorare al mio caro Museo e che invece Seamus e Viola vanno a cercare dei documenti falsi per Viola, così potrà circolare per Boston senza problemi.
Arrivata al mio ufficio mi accoglie, come sempre, la mia segretaria di cui non ricordo mai il nome però (Kate, Susan, Sarah). Ultimamente mi guarda sempre peggio lanciandomi frecciatine sul fatto che non sono quasi mai al lavoro e che batto la fiacca. Quindi ogni giorno mi siedo alla mia scrivenia pensando di licenziarla ma non sò chi assumere quando, un giorno, sento "Kate" al telefono che si spaccia per me. Corro fuori e spalanco la porta del mio ufficio, lei mi guarda con gli occhi di un cane bastonato ma non mi commuove minimamente, le intimo di smetterla di prendermi in giro e di trovarmi il numero di telefono dei Tower, non importa quanti siano nell'elenco.
Sono ancora furibonda quando entra molto cautamente e mi porge un fogliettino con dei numeri scritti sopra. Mentre esce le dico di andare nel magazzino a tirare fuori tutto quello che abbiamo della famiglia Tower che voglio allestire una nuova mostra in loro onore; vagamente io ricordo che si tratta di reperti Indiani. Ma, in realtà, non è una mostra quello che ho in mente; devo vedere questa signora Tower, devo capire perchè nel mio sogno un uomo dalla carnagione scura mi tagliava la gola chiedendomi cosa volevo dalla signora Tower.
Il centralino mi passa il primo numero che avevo scritto nel foglio e mi risponde una signora che, fortunatamente, è Isabel Tower, la sorella di colui che ci aveva donato i reperti indiani che teniamo in magazzino. Le chiedo di incontrarci, invento qualunque scusa affinché lei accetti di incontrarmi. Quando metto giù la cornetta un albero del parco del museo sotto la mia finestra prende inspiegabilmente fuoco, mi si stringe il cuore a quella vista, chissà quando deve soffrire quel povero albero.
La sera, dopo il lavoro, mi trovo con Viola e Seamus e tutti facciamo il resoconto della nostra giornata e loro mi raccontano che al catasto hanno trovato che la famiglia Tower è proprietaria di una casa di cura dove tempo addietro c'era stato anche Paul, il nostro famoso Paul; Viola ha un'identità nuova ed è in cerca di un nuovo lavoro, le ho proposto di diventare la mia segretaria, finalmente ho trovato qualcuno.
Nessuno durante la giornata si è più ricordato di Shultz così passiamo da casa sua verso sera, trovando il maggiordomo che ci accoglie dicendoci che Shultz è in ospedale ma che si riprenderà presto. Speriamo tutti che si riprenda, abbiamo bisogno anche di Shultz nel gruppo.
Il giorno dopo decidiamo tutti e tre di incontrare Isabel Tower. Pochi minuti dopo l'ora stabilita per l'incontro una macchina lussuosissima si ferma davanti all'entrata del museo. L'autista scende per aprire la portiera al passeggero quando dalla mia mente affiorano gli stessi lineamenti del viso e la stessa carnagione; è l'uomo che mi ha ucciso! La donna deve essere quindi Isabel, capelli rossi raccolti, un viso dai lineamenti marcati, la morte mi farebbe meno paura. Porta dei vestiti fuori moda, una gonna troppo lunga per i nostri anni; ma guardando meglio sembra che non stia camminando ma bensì strisciando.
Si avvicina con fare arrogante e comprende subito che a nessuno importa realmente della mostra indiana ma riusciamo comunque a convincerla a restare. Il suo servo aspetta fuori dal mio studio mentre noi tentiamo di capire chi è in realtà Isabel Tower.
Quello che ci rivela è devastante. Le parlo del mio sogno e, mano a mano che il mio racconto va avanti, un sorriso le si forma nel suo volto. Mentre chiude gli occhi mi sembra di notare qualcosa di strano, guardo più attentamente e... Oddio! ma che razza di mostro abbiamo davanti, ha le doppie palpebre! Dentro di me voglio fuggire o del bourbon...
Finito il mio racconto lei ci racconta che arriva da un altro "mondo", un mondo sommerso e che sarà lei a causare la fine del mondo terrestre. E' giuliva mentre ci dice che noi non meritiamo di vivere, che noi abbiamo rubato il potere al suo popolo e che quindi dobbiamo soccombere.
Finite queste parole si alza e se ne va congratulandosi ancora con me per la bella, anche se inutile, idea della mostra; chiedendomi se vale ancora la pena lavorare per una popolazione che verrà sterminata da qui a tre anni. Nessuno ha avuto il coraggio di saltarle al collo, nessuno l'ha nemmeno sfiorata. Eppure era lì il nostro nemico, dovevamo solo ucciderla e i miei sogni sarebbero finiti, il mondo sarebbe stato salvo, e invece niente... nessuno ha fatto niente.
Mentre stiamo seduti e sentiamo in lontananza il rumore della macchina di Isabel che scema un urlo proviene da una sala del museo. Corriamo tutti e tre verso quelle grida e troviamo due ragazze sconvolte che guardano per terra. Appena mi volto anch'io posso vedere il corpo sgozzato di "Kate" che giace a terra ormai privo di vita. Viola si defila e intanto chiamo la polizia. Per la seconda volta nel giro di neanche un anno il capo della polizia mi dice che sono sospettata di omicidio, che non posso uscire da Boston.
Ma ora la cosa più importante è trovare un modo per uccidere quella strega di Isabel!
Per la segretaria non ho problemi, Viola cerca lavoro e io sono senza segretaria...