domenica 30 maggio 2010

Bisogno di carta...


Ritrascrivo qui il mio sesto racconto del concorso Blusubianco.

Incipit:
Mi dico che è il momento giusto e devo sbrigarmi.
Certo, sarebbe più facile se ci fosse un foglio di carta:
prenderei la penna e le parole non rimarrebbero incastrate in una vena del cervello o nella gola;
scenderebbero fino alla mano, sporcherebbero il foglio, ci resterebbero attaccate
con tutto quello che si portano dietro.
E’ il potere della pagina bianca, credo.
Ti risucchia e ti libera: è la tua possibilità di buttarti da un’altra parte.
“Allora?” mi chiede il mio editore, accendendosi una sigaretta.

Ciò che la mia mente ha creato:
“E’ tutto qui, nella mia testa!” sorrido soddisfatto.
“Me ne faccio poco della tua testa, voglio vedere il file nella mia mail!” mi guarda dai suoi occhiali nuovi fosforescenti.
“Potessi avere qualche foglio di carta…” mi guardo le scarpe aspettando la solita derisione.
“Ma in che secolo credi di vivere? Nel ventunesimo? La carta è estinta da quando è finita la quarta guerra mondiale… Nel tuo chip di storia che ti hanno inserito quando eri un bambino questo piccolo dettaglio non te l’hanno scaricato nel cervello!?!” continua a guardarmi con quel ghigno stampato sulla faccia. Sembra ci trovi gusto a prendersi gioco di me. Ma questa volta ho delle idee fantastiche.
“Avrai il file fra un mese al massimo!” rispondo mentre mi alzo per andarmene.
“Lo sapevo che eri un uomo ragionevole” ormai la sua sigaretta è finita.
Uscendo dall’ufficio mi chiedo perché la carta sia estinta mentre le sigarette ci sono ancora… Mentre penso a queste cose un android mi passa di fianco salutandomi…
Ma io so dove posso trovare della carta, l’ho già comprata altre volte. Bisogna ammettere che però costa cara, l’ultima volta che ne ho comprata un po’ mi si è quasi prosciugato il conto in banca. Ormai la roba che potevo dare dentro per avere un po’ di denaro l’ho data dentro quasi tutta e ormai non mi resta più molto.
Ho pensato anche di rubare ma se poi mi beccano, con tutte quelle telecamere che girano per la città è praticamente impossibile, basta vedere che quasi nessun ladro riesce a portare a termine una rapina.
E poi è sempre un casino ritrascrivere tutto da carta a formato file, impiego più a fare quel lavoro che a scrivere il mio libro. Ma devo ammettere che quello che creo sui fogli non mi sarebbe mai possibile su file, la penna che scorre sulla carta e crea le parole, una dopo l’altra, scorrendo come un fiume in piena su una pagina bianca. Quanto vorrei essere nato due secoli prima, quando ancora la carta era la materia più comune su cui scrivere. E’ proprio vero che certa gente nasce nel secolo sbagliato, io sono uno di loro.
Intanto che penso a tutto questo mi ritrovo davanti al mio fornitore.
Tanto vale entrare e comprare quello di cui ho bisogno.
Appena entro la telecamera posizionata sopra al bancone mi riconosce e mi porge i suoi saluti. Dopo qualche istante esce Igor, il proprietario, che mi sorride coi suoi denti gialli finti e mi dice “Non li avrai mica finiti già tutti?”
“Me ne servono altri!” rispondo mentre faccio finta di essere interessato agli oggetti in esposizione “Almeno altri 100 fogli!”
I suoi occhi si spalancano e balbettando mi dice “Lo sai quanto ti verranno a costare? Non ne fanno più di quella roba, non serve più!”
“Me li puoi far avere o no? Altrimenti li vado a cercare da qualche altra parte!” cerco di mantenere una tono di voce convincente ma Igor lo sa bene che non so dove altro andare.
“Te li prendo subito, intanto tu cerca di calmarti, ok?” e sparisce nel retro.
Dopo qualche minuto esce con in braccio i fogli che ho chiesto, mi si illuminano gli occhi alla vista di tutta quella carta, 100 fogli tutti per me. Igor vedendo la mia reazione scuote la testa “Sei nato nel secolo sbagliato amico, lo sai vero?” mi dice con un accenno di sorriso.
Gli porgo il mio chip bancario e lui mi prosciuga il conto.
“Sei praticamente al verde lo sai? Ci credo che vai in giro vestito come uno straccione! E dire che se non fosse per questa roba che ti ostini a comprare saresti ben ricco… Artisti, non vi capirò mai!”
Lo ringrazio ed esco dal negozio pieno di felicità, la carta l’ho ben nascosta dentro la mia borsa.
Quasi davanti casa mi imbatto su alcuni bambini che giocano tra di loro ma poi ne scorgo uno che è seduto sui gradini da solo. Ha la faccia sporca e sembra anche piuttosto magrolino.
Mi avvicino. Lui mi guarda e mi dice “Mi spiace signore, me ne vado subito. Non volevo sporcarle i gradini.” e si alza.
In automatico gli rispondo “Non è casa mia questa, io abito due case più avanti.” faccio un altro passo poi mi giro verso il bambino e gli dico “Sai scrivere?”
Il bambino mi guarda come se fossi matto, e forse tutti i torti non li ha. A bassa voce mi risponde “No, non so scrivere…” guarda per terra e si vergogna.
“Imparerai! Abbiamo tanto lavoro da fare e tu sei diventato ufficialmente il mio trascrittore!”
Il bambino mi guarda con gli occhi sgranati “Mi pagherà?” la voce è quasi un sussurro.
“Certo, ti pagherò. Avrai vitto e alloggio e imparerai a leggere e scrivere.”
Finalmente il bambino alza la faccia con un enorme sorriso stampato in faccia “Ci sto signore!Comincio subito!”
“A proposito…com’è che ti chiami piccolo?”
“Alphonse ma tutti mi chiamano Al!”
“Ok Al, io mi chiamo William… a mia madre piaceva uno scrittore del 1500 che si chiamava William Shakespeare e allora mi ha chiamato come lui. Ha detto che anch’io posso fare grandi cose come le ha fatte lui!”

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