sabato 12 novembre 2011

Libera...o almeno volerlo!

Poter rubare anche solo per un giorno, per un'ora, le ali di un'aquila e volare via, vedere il mondo dall'alto capendo finalmente le piccolezze delle vita.
Poter restare immersa nell'acqua di un torrente dall'alba al tramonto sentendo solo il rumore dell'acqua che ti scorre addosso, sdraiata su un letto si sassi scivolosi con l'unica compagnia della luce del giorno che ti passa sul corpo.
Poter abbracciare le fiamme che ardono dentro un camino per capire realmente com'è il calore che ricevi dalle persone che ami; per sentire le fiamme che bruciano il tuo cuore e che ti riscaldano dall'interno.
Poter respirare la terra per non morire mai...

sabato 1 ottobre 2011

Cambio vita...

Salgo sul treno e il fattorino è così gentile da accompagnarmi alla mia cuccetta, mi suggerisce inoltre di chiudermi dentro sempre, perchè non si sà mai cosa può accadere ad una giovane signora in un viaggio.Se sapesse tutto quello che mi è successo fino ad oggi...
Ho cambiato nome, ho pagato per avere dei documenti "validi" nuovi. La mia vita di prima era diventata troppo pericolosa, un esempio è stata la mia amica Kate che ormai è ricoverata in un manicomio che non ricorda neanche come si chiama. E tutto questo per quello che le è successo una notte...
Io quella notte non c'ero, ma ricordo tutto il resto, ciò che avvenne prima e dopo.
All'inizio volevamo capire chi ci mandava gli stessi fiori. Era stato carino la prima volta incontrarci con dei mazzi praticamente identici e la stessa dedica sopra, si può dire che l'incanto di essere corteggiata era svanito subito, ma la curiosità era venuta a galla subito dopo. I fiori non arrivavano mai in giorni precisi, o almeno era quello che pensavamo io e Kate. Poi dopo un pò abbiamo annotato il giorno in cui ci arrivavano i mazzi.
I giorni del mese erano le lettere di un messaggio. Abbastanza elementare in effetti.
Perdemmo le prime 4 lettere ma riuscimmo a capire comunque il messaggio. Man mano che scoprivamo ogni lettera del messaggio a me saliva un senso di angoscia, mentre Kate era sempre più curiosa di arrivare alla fine del messaggio.
Scoprimmo che si trattava di un indirizzo, una data e l'ora. La data era riferita al mese dopo.
Io e Kate litigammo, le dissi che non mi sembrava una buona idea, non sapevamo neanche chi fosse stato a mandarci quei fiori, cosa volesse da noi. Sicuramente sapeva che ci conoscevamo e che eravamo ottime amiche, ma che altro? Non sapevamo se ci stesse spiando da tempo o meno e se ci stesse solo attirando verso una trappola.
Io non volevo andarci, non mi sentivo al sicuro. Ma Kate ormai era decisa ad andare, voleva scoprire chi fosse questa persona, secondo lei non avevamo nulla da preoccuparci. "Cosa vuoi che ci succeda ancora?" aveva commentato... Così mi decisi a darle retta.
 Nel mese che ci separava da quella data cercammo di scoprire più cose possibili su questa persona. Non trovammo nulla. Chiesi per l'ultima volta a Kate di lasciare perdere e di tornare alla nostra vita ma lei non era d'accordo. Mi disse che sarebbe andata anche da sola se era necessario. Per l'ennesima volta le dissi che l'avrei accompagnata.
Quel fatidico giorno non tardò ad arrivare. Io e Kate eravamo d'accordo che ci saremmo trovate al solito bar due ore prima dell'incontro e poi ci saremmo avviate insieme.
Giunsi al bar all'ora stabilita e Kate doveva ancora arrivare, non ci feci caso, lei era sempre in ritardo. La attesi per un'ora ma lei non era ancora arrivata. Cominciavo a preoccuparmi. Dopo un'ora e mezza che la aspettavo chiesi al barista se l'aveva vista. Mi disse di no. Trascorse le due ore e poco più pensai di andarmene, di tornarmene a casa, probabilmente Kate aveva usato una volta il cervello e aveva deciso di non venire o semplicemente si era addormentata.
Mentre uscivo dal bar e guardavo il tram che arrivava e che mi avrebbe portato a casa mi incamminai verso la direzione opposta. Giunsi al luogo dell'incontro circa 10 minuti dopo.
Lo spettacolo che mi si apriva davanti era indescrivibile e orrendo: Kate sdraiata per terra completamente nuda e in un lago di sangue. Corsi a soccorrerla e comincia a gridare "Aiuto!", era ancora viva. Ma chi l'aveva ridotta così? Chi poteva averle fatto questo?
 Alcune persone sentirono le mie grida...un ambulanza arrivò poco dopo e la portò via. La polizia non mi lasciò entrare in ambulanza. Mi portarono in centrale e mi tennero lì tutta la notte chiedendomi ininterrottamente le stesse cose. Cosa ci facevo lì? Conoscevo Kate? Come facevo a sapere che era lì? Etc Etc... Mi lasciarono andare la mattina dopo.
Corsi in ospedale e mi dissero che Kate era in gravi condizioni, non potevo vederla. L'andai a trovare tutti i giorni fino a quando un giorno si svegliò. Ero così felice che finalmente si fosse svegliata! La guardai, la salutai e le chiesi come stava. Mi rispose solo con "Dove sono? Chi è lei?". Non ricordava nulla...il mondo mi crollò addosso.
Tentai più e più volte nei mesi a venire di far ricordare a Kate cosa fosse successo, ma soprattutto chi fosse lei. Dopo un mese e mezzo di riabilitazione all'ospedale venne direttamente mandata alla casa di cura perchè continuava ad avere delle crisi, incubi e spesso tentava di farsi del male da sola.
Per sei mesi ho tentato di capire cosa le fosse successo. La andavo a trovare, vedevo il suo volto senza più quella certezza e quel sorriso che aveva!
Non ci sono riuscita, ho snervato tutte e due per tutti questi mesi senza venire a capo di nulla. Non so chi ci mandava i fiori, non so perchè lei ha deciso di andarci da sola, e non so perchè l'hanno ridotta in questo stato. Non so nulla!
Ora che sono sul questo treno per l'ovest ripenso per l'ultima volta alla mia vecchia vita. Ho cambiato nome, ora mi chiamo Elizabeth, ho pagato per dei documenti falsi in modo da ricominciare una nuova vita senza che nessuno mi conosca. Sto cambiando anche luogo. Non posso più rimanere qui, mi fa troppo male. Mi sento una perdente e ormai non è più una città in cui io mi senta al sicuro.

Mentre il treno parte mi giro verso il finestrino a guardare fuori...un uomo con un mazzo di fiori è di fronte a me! Sono gli stessi fiori! Cerco di capire chi sia ma il suo volto è nascosto dal cappello, leggo solo nelle sue labbra le parole "Addio, Elizabeth!"

mercoledì 26 gennaio 2011

Seconda chance


Non sò cosa ho fatto, ma devo essere stato cattivo. Devo aver fatto proprio la cosa peggiore del mondo altrimenti non mi avrebbe lasciato qui, in mezzo ad un bosco. Due giorni fa.
E sono due giorni che cammino in mezzo alle foglie morte e dormo al freddo cercando di tanto in tanto un goccio d'acqua, ma quella che ho trovato non mi è bastata a placare la sete, per non parlare della fame. Quando non mi brontola lo stomaco cerco di pensare a quello che ho fatto, al perchè sono finito qui tutto solo. Ma non riesco ad arrivarci, non capisco il perchè prima mi coccolavano e poi di punto in bianco mi hanno preso, mi hanno tolto il collare e mi hanno gettato fuori dalla macchina senza guardare indietro. Li ho aspettati per un pò, pensavo fosse un nuovo gioco, poi uno scherzo e alla fine ho capito che era tutto vero. Ero stato abbandonato al ciglio della strada.
In fondo sono nato al ciglio di una strada, ma quella volta mi hanno salvato.
Chissà questa volta che mi succederà. Sono in mezzo ad un bosco e nessuno mi troverà mai, ho fame e non credo che riuscirò a camminare ancora per tanti altri giorni.
Penso che mi coricherò qui, è abbastanza riparato ed asciutto. Mi riposo un pò.

Sento dei passi. Chi mai sarà? Cattivo, buono? Verrò ancora picchiato? Meglio stare nascosti, ma potrebbe salvarmi, potrebbe portarmi a casa sua.
Non sembra cattivo, mi ha visto e non ha la solita faccia cattiva di quando mi stanno per picchiare.
Ah, è una lei. Si avvicina, che faccio? scappo? e dove, son stanco morto. Sta tirando fuori qualcosa. Sicuro, mi picchia, chiudiamo gli occhi, sarà meno doloroso. Perchè non succede niente? Apriamo gli occhi e, mi porge la sua mano. C'è dell'acqua dentro! Allora è brava! Adesso che cos'ha per me? Ha tirato fuori il prosciutto dal suo panino e me lo sta dando.
Mentre mangio mi accarezza, ha la mano leggera, forse ha paura di farmi male. Oppure sono sporco. Si è seduta vicino a me e mi guarda mentre finisco di mangiare quello che mi offre.
Poi si alza, se ne va? Mi lascerà qui? Perchè svuota il suo zaino? Ah, voleva la coperta. In effetti fa freddo. Ma non si sta coprendo, sta coprendo me e mi prende in braccio. Chissà dove mi porta, tanto non ho le forze per ribellarmi.
Arriviamo ad una macchina, mi mette sul sedile dietro. Non sono mai stato sul sedile, sempre nel baule.
Mi accarezza la testa e mi da un bacino, che fare? Le lecco la mano.
La macchina parte e io mi addormento. Mi sveglio davanti ad un camino caldo con una ciotola di acqua e una piena di mangiare.

Ho una nuova famiglia. =D

martedì 25 gennaio 2011

Un ricordo nella vita


Seduta nella sua sedia a rotelle Annabelle guardava fuori dalla porta a vetri della casa di riposo dove era stata parcheggiata quattro anni prima, dopo che per l'ennesima volta era caduta in casa da sola e aveva aspettato seduta per terra per tre ore prima che qualcuno arrivasse.
Quel qualcuno non era la figlia, no con lei non parlava da 12 anni. A ritrovarla seduta nel pavimento freddo era stata la sua governate, una ragazza giovane originaria dell'est. Non si ricordava quasi più come si chiamava, Ania forse; ormai la sua memoria non era più quella di un tempo. Ma una cosa si ricordava di Ania, i suoi occhi verdi, di un verde intenso che ricorda i prati d'estate, sempre gentili. Le piaceva quella ragazza, chissà che fine avrà fatto adesso che lei era in casa di riposo.
Per Annabelle era normale ritornare a pensare al passato, le succedeva tutti i giorni. Ma ogni giorno ricordava qualcosa di diverso, a volte qualcosa che pensava di aver dimenticato per sempre. Ogni giorno per Annabelle era come aprire il libro della sua vita in una pagina a caso e cominciare a leggere. Il narratore era sempre Frank, il suo amato Frank.
Ogni giorno un'infermiera passava nella sua stanza, le sorrideva e la accompagnava davanti alla porta a vetri; ogni giorno, anche la domenica quando tutti gli altri passavano la giornata coi figli, lei non aveva nessuno che la venisse a prendere. E allora stava seduta lì, per ore, a guardare il giardino che si estendeva davanti a lei e il lontananza il riflesso del piccolo lago dove di tanto in tanto vedeva delle anatre nuotarci.
Molte volte le tornava alla mente quando era piccola e correva tranquilla e spensierata per i prati con suo fratello, il fratello che vedeva come il suo cavaliere dall'armatura dorata che nessuno poteva mai sconfiggere. Ma purtroppo era stato sconfitto. La guerra aveva bussato anche alla loro porta e si era portata via suo fratello, poco dopo il dolore si era portato via anche sua madre e suo padre. E lei, per la prima volta era rimasta sola.
Così aveva dovuto cercarsi un lavoro, e aveva venduto la casa di famiglia ormai troppo grande per una persona sola. La vita sembrava averla presa a sberle e lasciata in un angolo buio a piangersi addosso. Lavorava in un fast-food per pochi dollari al giorno e doveva condividere un minuscolo appartamento, ricavato da una soffitta, con due ragazze, e un numero imprecisato di topi. La sua vita le faceva schifo, aveva pensato anche di dedicarsi alla prostituzione pur di non dover tornare in quella topaia che chiamava casa.
Ed una sera si convinse, mise il vestito più provocante che aveva e scese in strada. Era confusa e ogni minuto che passava pensava sempre di più di andarsene, ma poi le ritornava in mente che l'unico posto dove andare era quello schifo di appartamento, e allora restava lì, ad aspettare. Passarono molti uomini ma non accettò di andare con nessuno fino a che non vide un uomo, uno che aveva già visto al bar. Le si avvicinò e le chiese cosa stesse facendo lì. Lei scoppiò in lacrime e lui la cinse con le sue braccia.
Quella notte lei dormì a casa sua. Fu la prima di una lunga serie di notte passate insieme a Frank. Ricorda ancora la prima notte, come russava Frank dall'altra stanza. L'aveva accompagnata a casa, le aveva lasciato il suo letto dicendole di chiudere pure la sua camera a chiave se non si sentiva al sicuro. Lui aveva dormito sul divano scomodo, non l'aveva nemmeno sfiorata con lo sguardo. Il giorno dopo le era andato a prendere tutte le sue cose nel suo appartamento e le aveva detto che poteva stare da lui quanto voleva.
Si erano spostati poi insieme, un anno dopo il loro matrimonio perchè lei era incinta. Non era più sola.
E adesso?
Adesso era di nuovo sola, per l'ultima volta era di nuovo sola.
Nessuna la veniva a trovare, nessuno le rivolgeva la parola, scambiava solo due parole con le infermiere ma niente di più. Era di nuovo sola...

Quando l'infermiera andò a prendere Annabelle per portarla in camera sua pensò che stesse dormendo. Non sapeva che invece lei era morta. Non sapeva che Annabelle in quel momento era tornata in quella casa e che stava di nuovo correndo per i prati col suo cavaliere e che in fondo al prato c'era il suo Frank che la aspettava con le braccia aperte, pronto a ridarle quel calore che non provava da tempo.