mercoledì 26 gennaio 2011

Seconda chance


Non sò cosa ho fatto, ma devo essere stato cattivo. Devo aver fatto proprio la cosa peggiore del mondo altrimenti non mi avrebbe lasciato qui, in mezzo ad un bosco. Due giorni fa.
E sono due giorni che cammino in mezzo alle foglie morte e dormo al freddo cercando di tanto in tanto un goccio d'acqua, ma quella che ho trovato non mi è bastata a placare la sete, per non parlare della fame. Quando non mi brontola lo stomaco cerco di pensare a quello che ho fatto, al perchè sono finito qui tutto solo. Ma non riesco ad arrivarci, non capisco il perchè prima mi coccolavano e poi di punto in bianco mi hanno preso, mi hanno tolto il collare e mi hanno gettato fuori dalla macchina senza guardare indietro. Li ho aspettati per un pò, pensavo fosse un nuovo gioco, poi uno scherzo e alla fine ho capito che era tutto vero. Ero stato abbandonato al ciglio della strada.
In fondo sono nato al ciglio di una strada, ma quella volta mi hanno salvato.
Chissà questa volta che mi succederà. Sono in mezzo ad un bosco e nessuno mi troverà mai, ho fame e non credo che riuscirò a camminare ancora per tanti altri giorni.
Penso che mi coricherò qui, è abbastanza riparato ed asciutto. Mi riposo un pò.

Sento dei passi. Chi mai sarà? Cattivo, buono? Verrò ancora picchiato? Meglio stare nascosti, ma potrebbe salvarmi, potrebbe portarmi a casa sua.
Non sembra cattivo, mi ha visto e non ha la solita faccia cattiva di quando mi stanno per picchiare.
Ah, è una lei. Si avvicina, che faccio? scappo? e dove, son stanco morto. Sta tirando fuori qualcosa. Sicuro, mi picchia, chiudiamo gli occhi, sarà meno doloroso. Perchè non succede niente? Apriamo gli occhi e, mi porge la sua mano. C'è dell'acqua dentro! Allora è brava! Adesso che cos'ha per me? Ha tirato fuori il prosciutto dal suo panino e me lo sta dando.
Mentre mangio mi accarezza, ha la mano leggera, forse ha paura di farmi male. Oppure sono sporco. Si è seduta vicino a me e mi guarda mentre finisco di mangiare quello che mi offre.
Poi si alza, se ne va? Mi lascerà qui? Perchè svuota il suo zaino? Ah, voleva la coperta. In effetti fa freddo. Ma non si sta coprendo, sta coprendo me e mi prende in braccio. Chissà dove mi porta, tanto non ho le forze per ribellarmi.
Arriviamo ad una macchina, mi mette sul sedile dietro. Non sono mai stato sul sedile, sempre nel baule.
Mi accarezza la testa e mi da un bacino, che fare? Le lecco la mano.
La macchina parte e io mi addormento. Mi sveglio davanti ad un camino caldo con una ciotola di acqua e una piena di mangiare.

Ho una nuova famiglia. =D

martedì 25 gennaio 2011

Un ricordo nella vita


Seduta nella sua sedia a rotelle Annabelle guardava fuori dalla porta a vetri della casa di riposo dove era stata parcheggiata quattro anni prima, dopo che per l'ennesima volta era caduta in casa da sola e aveva aspettato seduta per terra per tre ore prima che qualcuno arrivasse.
Quel qualcuno non era la figlia, no con lei non parlava da 12 anni. A ritrovarla seduta nel pavimento freddo era stata la sua governate, una ragazza giovane originaria dell'est. Non si ricordava quasi più come si chiamava, Ania forse; ormai la sua memoria non era più quella di un tempo. Ma una cosa si ricordava di Ania, i suoi occhi verdi, di un verde intenso che ricorda i prati d'estate, sempre gentili. Le piaceva quella ragazza, chissà che fine avrà fatto adesso che lei era in casa di riposo.
Per Annabelle era normale ritornare a pensare al passato, le succedeva tutti i giorni. Ma ogni giorno ricordava qualcosa di diverso, a volte qualcosa che pensava di aver dimenticato per sempre. Ogni giorno per Annabelle era come aprire il libro della sua vita in una pagina a caso e cominciare a leggere. Il narratore era sempre Frank, il suo amato Frank.
Ogni giorno un'infermiera passava nella sua stanza, le sorrideva e la accompagnava davanti alla porta a vetri; ogni giorno, anche la domenica quando tutti gli altri passavano la giornata coi figli, lei non aveva nessuno che la venisse a prendere. E allora stava seduta lì, per ore, a guardare il giardino che si estendeva davanti a lei e il lontananza il riflesso del piccolo lago dove di tanto in tanto vedeva delle anatre nuotarci.
Molte volte le tornava alla mente quando era piccola e correva tranquilla e spensierata per i prati con suo fratello, il fratello che vedeva come il suo cavaliere dall'armatura dorata che nessuno poteva mai sconfiggere. Ma purtroppo era stato sconfitto. La guerra aveva bussato anche alla loro porta e si era portata via suo fratello, poco dopo il dolore si era portato via anche sua madre e suo padre. E lei, per la prima volta era rimasta sola.
Così aveva dovuto cercarsi un lavoro, e aveva venduto la casa di famiglia ormai troppo grande per una persona sola. La vita sembrava averla presa a sberle e lasciata in un angolo buio a piangersi addosso. Lavorava in un fast-food per pochi dollari al giorno e doveva condividere un minuscolo appartamento, ricavato da una soffitta, con due ragazze, e un numero imprecisato di topi. La sua vita le faceva schifo, aveva pensato anche di dedicarsi alla prostituzione pur di non dover tornare in quella topaia che chiamava casa.
Ed una sera si convinse, mise il vestito più provocante che aveva e scese in strada. Era confusa e ogni minuto che passava pensava sempre di più di andarsene, ma poi le ritornava in mente che l'unico posto dove andare era quello schifo di appartamento, e allora restava lì, ad aspettare. Passarono molti uomini ma non accettò di andare con nessuno fino a che non vide un uomo, uno che aveva già visto al bar. Le si avvicinò e le chiese cosa stesse facendo lì. Lei scoppiò in lacrime e lui la cinse con le sue braccia.
Quella notte lei dormì a casa sua. Fu la prima di una lunga serie di notte passate insieme a Frank. Ricorda ancora la prima notte, come russava Frank dall'altra stanza. L'aveva accompagnata a casa, le aveva lasciato il suo letto dicendole di chiudere pure la sua camera a chiave se non si sentiva al sicuro. Lui aveva dormito sul divano scomodo, non l'aveva nemmeno sfiorata con lo sguardo. Il giorno dopo le era andato a prendere tutte le sue cose nel suo appartamento e le aveva detto che poteva stare da lui quanto voleva.
Si erano spostati poi insieme, un anno dopo il loro matrimonio perchè lei era incinta. Non era più sola.
E adesso?
Adesso era di nuovo sola, per l'ultima volta era di nuovo sola.
Nessuna la veniva a trovare, nessuno le rivolgeva la parola, scambiava solo due parole con le infermiere ma niente di più. Era di nuovo sola...

Quando l'infermiera andò a prendere Annabelle per portarla in camera sua pensò che stesse dormendo. Non sapeva che invece lei era morta. Non sapeva che Annabelle in quel momento era tornata in quella casa e che stava di nuovo correndo per i prati col suo cavaliere e che in fondo al prato c'era il suo Frank che la aspettava con le braccia aperte, pronto a ridarle quel calore che non provava da tempo.